lunedì 28 novembre 2016

Dopo tutti questi anni......essere italiano e' ancora un "icebreaker".

Mi e' capitato nuovamente ieri pomeriggio. Ero in giro per un parco della citta'....ok, non era un parco ma un cimitero ma qui sono come grossi parchi dove la gente va a correre e in bicicletta. Ero in giro con il piccolo con la sua mini bici, con la grande con la sua mountain bike, e con un amichetta - la Nora - anche lei con la sua bicicletta. Parco enorme, da perdersi, da portarsi acqua e mele/banana per snack. Ma veniamo al dunque. Mentre stiamo per uscire, ci vengono in contro due signore, diciamo sulla sessantina. E mi chiedono dove andare per raggiungere una certa uscita. Spiego loro che e' complicato ma indico la direzione. Anche dopo 10 anni il mio accento tradisce un origine straniera e cosi' la piu' ardita fa "Are you Italian?" e poi "piacere piacere, I lived in Vicenza for 6 months". Due parole, sorrisi e partono verso la loro uscita ....sperando l'abbiamo trovata.
Essere italiani aiuta, c'e' poco da fare. Soprattutto a Pittsburgh, ma in generale quasi ovunque negli States. Aiuta perche' quasi ogni famiglia ha un lontano o vicino parente italiano. Aiuta perche' l'Italia e' vista come il paradiso da visitare con tutta quella storia, musei, citta', cibo. Ci sono famiglie intere che pianificano il viaggio in Italia solo e solo quando I figli sono grandi abbastanza da capire e e recepire. Ci pensate cosa abbiamo in Italia?


E pian piano si entra nell'inverno. E non pensiate che ci si passato quell macigno sull stomaco arrivato ad inizio Novembre. Non passa e prima o poi sara' bene parlarne.

martedì 22 novembre 2016

La diversity quando si e' genitori

Prendo i due nani al dopo scuola e mentre ci stiamo preparando per uscire - le giacche sono ormai d'obbligo, stamattina eravamo sui -3 gradi - arriva un altro genitore.  La grande si gira e mi chiede "E' un boy?" perche' ha notato benissimo la gonna scozzese, gli stivali, i capelli lunghi lisci e biondi, la giacca abbinata....ma la voce troppo profonda per essere una donna. Le faccio segno di aspettare per una spiegazione e usciamo. Penso anzi di averle detto "dopo" usando l'italiano come spesso si fa come una lingua in codice. Mentre usciamo le dico che si' era un uomo vestito da donna e lei fa qualche minima domanda che esige qualche spiegazione in piu'. E allora mi butto mentre attraversiamo la strada verso la macchina, mentre allaccio la cintura, o accendo la macchina - mi butto perche' credo piu' nel momento giusto che nella condizione giusta. Mi butto sul fatto che puo' capitare che un uomo si senta piu' "confortable", piu' a suo agio, vestito come una donna. Come il papa' si sente piu' confortable nell'avere la barba, oppure una donna puo' non voler vestire con le gonne. Passo lentamente - sempre mentre guidiamo e il piccolo urla che lui stasera vuol vedere "Madagascarrrrrrrr, Madagascarrrrrrrrrrrrrrrr" - al concetto piu' generale della diversity, che ognuno si puo' sentire "feel" diverso, differente da un altra persona ma non per questo bisogna emarginarlo. Con la naturalezza di una bimba acuta e di otto anni la grande mi dice "ok, I got it, it is clear"......e dopotutto mi dico che perche' non dovrebbe esserlo. Dopotutto un amico della strada di soli 6 anni ha chiaramente voluto farsi crescere i capelli e ha iniziato a mettere gonne e vestiti. Tutto questo nel giro di un mese o due. Ma i bambini della strada hanno forse guardato strano per un secondo o due e poi hanno ricominciato a rincorrersi. Bisogna credere in loro.
BTW - by the way - Ciao.